La festa
Al cuore della comunità: la
festa
Al cuore della comunità c’è il perdono e la festa. Sono le due facce di una
stessa realtà, quella dell’amore. La festa è un’esperienza comune di gioia, un
canto d’azione de grazie. Si celebra il fatto di essere insieme e si rende
grazie per il dono che ci è stato fatto. La festa nutre i cuori, ridona la
speranza e una forza per vivere le sofferenze e le difficoltà della vita
quotidiana.
Più un
popolo è povero e più ama la festa. Resto sempre a bocca aperta vedendo come in India, in Africa, le persone
più povere celebrano le feste che a volte durano più giorni.
Impiegano tutti i loro risparmi per fare pranzi grandiosi e per
confezionare o acquistare abiti belli. Fanno ghirlande di fiore e fuochi
d’artificio (gli effeti di luce e le esplosioni sono parte integrante della
festa). Queste feste sono quasi sempre legate all’anniversario di un
avvenimento divino o religioso; allora hanno un carattere sacro.
Nei paesi ricchi, abblamo perso l’arte di celebrare. Le persone vanno al
cinema, guardano la televisione o hanno altri svaghi, vanno al «party», ma non
sanno festeggiare.
Le società diventate ricche hanno perso il senso della festa perdendo il
senso della tradizione. La festa si ricollega a una tradizione familiare e
religiosa. Quando la festa si alontana dalla tradizione, tende a diventare
artificiale e per attivarla occorrono stimolanti come l’alcool. Non è più
festa.
La nostra epoca ha il senso del «party», cioè dell’incontro in cui si beve
e si mangia; si organizzano delle danze ma spesso è una questione di coppia e a
volte addirittura una cosa molto
individuale. La nostra epoca ama lo spettacolo, il teatro, il cinema, la
televisione, ma ha perso il senso della festa.
Una celebrazione
è l’atto specifico di una comunità, attraverso il
quale le persone si rallegrano e rendono grazie al Padre per averle legate
insieme; per vegliare su di loro e per amarle, così che non sono più isolate,
chiuse nel loro isolamento e nella loro indipendenza, ma sono un solo corpo nel
quale ognuna di loro ha il suo posto. La festa è il grido di gioia di tutti
coloro che hanno fatto un’alleanza insieme perchè sono stati guidati
dall’isolamento all’alleanza, dallo scoraggiamento alla speranza.
Le feste hanno certamente un ruolo riguardo all’acettazione delle soferenze
quotidiane; sono un momento di sfogo; ma considerarle soltanto come una
scapatoia o una droga significa non andare sufficientemente a fondo della
realtà umana.
Ogni persona vive il quotidiano con tutto ciò che implica di fastidioso: i
giorni si assomigliano, si sporca, si pulisce, si ara la terra, si semina e si
racoglie. Ci sono lunghe ore di viaggio per andare ad un lavoro che è frustante
e al lavoro ci vuole disciplina, efficienza; il programma deve essere
rispettato e questo provoca tensione.
Nella vita di famiglia a volte ci sono dei blocchi e una mancanza di
comunicazione tra le persone. Ci si può chiudere agli altri guardando le
televisione, leggendo o facendo un’altre cosa: ci si sente colpevoli e si
colpevolizzano gli altri; allora, tra le persone c’è una sofferenza.
Così como abbiamo bisogno del giorno per lavorare, fare delle attività,
pregare, clebrare, e della notte per dormire; così come abbiamo bisogno delle
quattro stagioni con le loro differenze climatiche; allo stesso modo abbiamo
bisogno accanto al lavoro fastidioso di tutti giorni, della gioia della festa,
del giorno del sabbat. Il cuore umano ha bisogno di qualcosa che sia aldilà dei
limiti e delle frustrazione del tran-tran quotidiano. È assetato di una
felicità che sembra inacessibile sulla terra; aspira all’infinito,
all’universale, all’eterno, a qualcosa che dia un senso alla vita umana e a
questo quotidiano fastidioso. La festa è come un segno di questo aldilà che è il cielo.
È il simbolo di ciò a cui l’umanità aspira: un’esperienza gloriosa della
comunione totale.
La festa esprime e rende presente in modo tangibile la finalità della
comunità. È quindi un elemento essenziale della vita comunitaria. Nella festa,
le irritazioni nate dal quotidiano sono spazzate via; si dimenticano le piccole
dispute. L’aspetto estatico (l’estasi è «uscire de se stesso») della festa
unifica i cuore; passa una corrente di vita. È un momento di meraviglia in cui
la gioia del corpo e dei sensi è legata alla gioia dello spirito. È i momento
più umano e anche il più divino della vita comunitaria. La liturgia della
festa, armonizando la musica, la danza, i canti, con la luce, i frutti e i
fiori della terra, è un momento in cui si comunica con Dio e tra di noi attraverso
la preghiera, l’azione di grazia, ma anche attraverso il buon cibo. Il pasto
della festa è importante.
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Comunità dell'Arca - Arcobaleno - Bolonha |
Per una
famiglia è importante fare festa tutti insieme. Per i bambini è importante ridere, giocare e cantare com i genitore e
vedere i genitori felici di essere insieme.
Sono colpito, al contrario, dall’aspetto triste degli anniversari di
liberazioni politiche. Non c’è danza né festa, ma sfilate militari sorvolate da
aerei a reazione. È una manifestazione di potenza che le persone guardano con
una certa emozione ma non è la festa. In Francia, anche in ambienti non
cristiani, c’è una grande differenza tra la dolcezza e la tenereza del Natal,
in cui le persone si dicono quasi naturalmente per la strada «buon Natale» e la
festa nazionale del 14 luglio in cui c’è un momento triste vicino al monumento
ai caduti dove si saluta la Repubblica e poi si beve un bicchiere al bar. Un
tempo nei bar si ballava ma ora lo si fa sempre meno.
Allo stesso modo, quando le persone si riuniscono per onorare il sucesso e
il potere e per consegnari i premi ai vincitori, non è una celebrazione. Le
persone applaudono e fanno ovazioni; sono fiere se i vincitori sono del loro
club, del loro gruppo, della loro famiglia o del loro paese; in un certo senso
si identificano con il vincitore e henno l’impressione di essere i migliore. Ma
ce ne sono tanti che perdono, che non hanno sucesso né potere! La festa è un
canto d’amore e di accoglienza degli altri, non un sentimento di potenza e di
superiorità.
Molto
spesso oggi abbiamo la gioia senza Dio o Dio senza la gioia. È la conseguenza di anni di giansenismo in cui Dio appariva come
l’Onnipotente severo; la gioia si è staccata dal divino.
La festa, al contrario, è la gioia con Dio. Ogni cultura e ogni tradizione
esprimono questa gioia in modo diverso, più o meno evidente, più o meno
raccolto.
All’Arca noi possiamo fare festa con uno scoppio di risa e di gioia e poi
subito dopo entrare nel silenzio e nella preghiera. Ogni festa non deve forse
terminare nella preguiera silenziosa, la festa dell’incontro personale con Dio?
Comunità dell'Arca - Arcobaleno - Bolonha |
Nella vita in comunità è importante
ridere a crepappelle: questo spazza via molte sofferenze.
Ridere è qualcosa do molto umano. Non sono sicuro che gli angeli ridano!
Adorano. Quando le persone sono troppo serie, diventano tese. Ridere è ciò che
maggiormente distende. L’umanità ha questo privilegio stupefacente: anche se
siamo piccoli e poveri, con tutti i nostri bisogno «animali», siamo chiamati a
diventare molto più degli angeli: fratelli e sorelle de Dio, il Verbo fatto
carne. Questo sembra così buffo e così meraviglioso, così folle e tuttavia così
pieno d’estasi. E i più rifiutati sono chiamati ad essere al cuore del Regno. È
tutto rovesciato. Non stupisce che delle persone abbiamo improvvisamente voglia
di ridere nei momenti più seri. [...]
Jean Vanier
Fundador da «ARCHE»
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