teologia para leigos

29 de dezembro de 2013

AL CUORE DELLA FESTA C’È IL POVERO [J. VANIER]

La festa


 
Comunità dell'Arca - Arcobaleno - Bolonha



Al cuore della comunità: la festa

Al cuore della comunità c’è il perdono e la festa. Sono le due facce di una stessa realtà, quella dell’amore. La festa è un’esperienza comune di gioia, un canto d’azione de grazie. Si celebra il fatto di essere insieme e si rende grazie per il dono che ci è stato fatto. La festa nutre i cuori, ridona la speranza e una forza per vivere le sofferenze e le difficoltà della vita quotidiana.

Più un popolo è povero e più ama la festa. Resto sempre a bocca aperta vedendo come in India, in Africa, le persone più povere celebrano le feste che a volte durano più giorni.

Impiegano tutti i loro risparmi per fare pranzi grandiosi e per confezionare o acquistare abiti belli. Fanno ghirlande di fiore e fuochi d’artificio (gli effeti di luce e le esplosioni sono parte integrante della festa). Queste feste sono quasi sempre legate all’anniversario di un avvenimento divino o religioso; allora hanno un carattere sacro.

Nei paesi ricchi, abblamo perso l’arte di celebrare. Le persone vanno al cinema, guardano la televisione o hanno altri svaghi, vanno al «party», ma non sanno festeggiare.

Le società diventate ricche hanno perso il senso della festa perdendo il senso della tradizione. La festa si ricollega a una tradizione familiare e religiosa. Quando la festa si alontana dalla tradizione, tende a diventare artificiale e per attivarla occorrono stimolanti come l’alcool. Non è più festa.

La nostra epoca ha il senso del «party», cioè dell’incontro in cui si beve e si mangia; si organizzano delle danze ma spesso è una questione di coppia e a volte  addirittura una cosa molto individuale. La nostra epoca ama lo spettacolo, il teatro, il cinema, la televisione, ma ha perso il senso della festa.

Una celebrazione è l’atto specifico di una comunità, attraverso il quale le persone si rallegrano e rendono grazie al Padre per averle legate insieme; per vegliare su di loro e per amarle, così che non sono più isolate, chiuse nel loro isolamento e nella loro indipendenza, ma sono un solo corpo nel quale ognuna di loro ha il suo posto. La festa è il grido di gioia di tutti coloro che hanno fatto un’alleanza insieme perchè sono stati guidati dall’isolamento all’alleanza, dallo scoraggiamento alla speranza.

Le feste hanno certamente un ruolo riguardo all’acettazione delle soferenze quotidiane; sono un momento di sfogo; ma considerarle soltanto come una scapatoia o una droga significa non andare sufficientemente a fondo della realtà umana.

Ogni persona vive il quotidiano con tutto ciò che implica di fastidioso: i giorni si assomigliano, si sporca, si pulisce, si ara la terra, si semina e si racoglie. Ci sono lunghe ore di viaggio per andare ad un lavoro che è frustante e al lavoro ci vuole disciplina, efficienza; il programma deve essere rispettato e questo provoca tensione.

Nella vita di famiglia a volte ci sono dei blocchi e una mancanza di comunicazione tra le persone. Ci si può chiudere agli altri guardando le televisione, leggendo o facendo un’altre cosa: ci si sente colpevoli e si colpevolizzano gli altri; allora, tra le persone c’è una sofferenza.

Così como abbiamo bisogno del giorno per lavorare, fare delle attività, pregare, clebrare, e della notte per dormire; così come abbiamo bisogno delle quattro stagioni con le loro differenze climatiche; allo stesso modo abbiamo bisogno accanto al lavoro fastidioso di tutti giorni, della gioia della festa, del giorno del sabbat. Il cuore umano ha bisogno di qualcosa che sia aldilà dei limiti e delle frustrazione del tran-tran quotidiano. È assetato di una felicità che sembra inacessibile sulla terra; aspira all’infinito, all’universale, all’eterno, a qualcosa che dia un senso alla vita umana e a questo quotidiano fastidioso. La festa è come un segno di questo aldilà che è il cielo. È il simbolo di ciò a cui l’umanità aspira: un’esperienza gloriosa della comunione totale.

La festa esprime e rende presente in modo tangibile la finalità della comunità. È quindi un elemento essenziale della vita comunitaria. Nella festa, le irritazioni nate dal quotidiano sono spazzate via; si dimenticano le piccole dispute. L’aspetto estatico (l’estasi è «uscire de se stesso») della festa unifica i cuore; passa una corrente di vita. È un momento di meraviglia in cui la gioia del corpo e dei sensi è legata alla gioia dello spirito. È i momento più umano e anche il più divino della vita comunitaria. La liturgia della festa, armonizando la musica, la danza, i canti, con la luce, i frutti e i fiori della terra, è un momento in cui si comunica con Dio e tra di noi attraverso la preghiera, l’azione di grazia, ma anche attraverso il buon cibo. Il pasto della festa è importante.

[...]



Comunità dell'Arca - Arcobaleno - Bolonha





Per una famiglia è importante fare festa tutti insieme. Per i bambini è importante ridere, giocare e cantare com i genitore e vedere i genitori felici di essere insieme.

Sono colpito, al contrario, dall’aspetto triste degli anniversari di liberazioni politiche. Non c’è danza né festa, ma sfilate militari sorvolate da aerei a reazione. È una manifestazione di potenza che le persone guardano con una certa emozione ma non è la festa. In Francia, anche in ambienti non cristiani, c’è una grande differenza tra la dolcezza e la tenereza del Natal, in cui le persone si dicono quasi naturalmente per la strada «buon Natale» e la festa nazionale del 14 luglio in cui c’è un momento triste vicino al monumento ai caduti dove si saluta la Repubblica e poi si beve un bicchiere al bar. Un tempo nei bar si ballava ma ora lo si fa sempre meno.

Allo stesso modo, quando le persone si riuniscono per onorare il sucesso e il potere e per consegnari i premi ai vincitori, non è una celebrazione. Le persone applaudono e fanno ovazioni; sono fiere se i vincitori sono del loro club, del loro gruppo, della loro famiglia o del loro paese; in un certo senso si identificano con il vincitore e henno l’impressione di essere i migliore. Ma ce ne sono tanti che perdono, che non hanno sucesso né potere! La festa è un canto d’amore e di accoglienza degli altri, non un sentimento di potenza e di superiorità.

Molto spesso oggi abbiamo la gioia senza Dio o Dio senza la gioia. È la conseguenza di anni di giansenismo in cui Dio appariva come l’Onnipotente severo; la gioia si è staccata dal divino.

La festa, al contrario, è la gioia con Dio. Ogni cultura e ogni tradizione esprimono questa gioia in modo diverso, più o meno evidente, più o meno raccolto.

All’Arca noi possiamo fare festa con uno scoppio di risa e di gioia e poi subito dopo entrare nel silenzio e nella preghiera. Ogni festa non deve forse terminare nella preguiera silenziosa, la festa dell’incontro personale con Dio?



Comunità dell'Arca - Arcobaleno - Bolonha



Nella vita in comunità è importante ridere a crepappelle: questo spazza via molte sofferenze.

Ridere è qualcosa do molto umano. Non sono sicuro che gli angeli ridano! Adorano. Quando le persone sono troppo serie, diventano tese. Ridere è ciò che maggiormente distende. L’umanità ha questo privilegio stupefacente: anche se siamo piccoli e poveri, con tutti i nostri bisogno «animali», siamo chiamati a diventare molto più degli angeli: fratelli e sorelle de Dio, il Verbo fatto carne. Questo sembra così buffo e così meraviglioso, così folle e tuttavia così pieno d’estasi. E i più rifiutati sono chiamati ad essere al cuore del Regno. È tutto rovesciato. Non stupisce che delle persone abbiamo improvvisamente voglia di ridere nei momenti più seri. [...]


Jean Vanier
Fundador da «ARCHE»





Logo de «l'ARCHE»




22 de dezembro de 2013

NATAL, REMOVER OBSTÁCULOS [N. HIGINO, L. BOFF]

NATAL NO PAÍS DAS MONTANHAS

 
«HISTÓRIAS DE NATAL»_Nuno Higino



Havia estrelas em todos os lugares do céu. Tinham uma luz muito brilhante parecida com uma luz de vidro. Quem caminhasse naquela noite via com toda a nitidez as árvores, as pedras, as casas e os muros; e as sombras ligeiras das árvores, das pedras, das casas e dos muros. Era uma noite de um azul metal. Ninguém podia dizer se o azul de metal era da luz intensa das estrelas ou era do frio agudo de Dezembro. Quando os cães perfuravam o tambor da noite com os seus latidos distantes parecia rasgar-se o tecido da noite. Às vezes era um pássaro que desafiava a inteireza da noite, mas depressa ela se recompunha na sua unidade.

José e Maria caminhavam durante horas e horas, mas nem sentiam o cansaço porque apetecia andar dentro daquela noite. E Maria, sentada num burrito molengão e que brincava com as sombras do caminho atirando a cauda para cima e para baixo, sentia dentro de si uma ligeira agitação que às vezes se tornava numa dor intensa. Mas pensavam que era o frio da noite a querer aconchegar-se sob o seu manto. José seguia ao lado do burrito e às vezes acariciava-lhe o pescoço e as orelhas e perguntava a Maria:

− Que horas serão? Decerto já passámos a cidade…

Era uma cidade muito grande e iluminada. Mas, naquela noite, o brilho das estrelas tinha tanta claridade que possivelmente nem repararam nas luzes que guardam a cidade. O caminho por onde seguiam passava ao largo da cidade e havia uma colina que a escondia aos caminhantes desatentos.

− Não importa! Acho que depois desta cidade aparece outra cidade – disse Maria.

Caminharam ainda durante muito tempo. E foi quando a noite já perdia a nitidez da sua luz e uma névoa imprecisa se levantava no horizonte, que lhes pareceu avistar três vultos distantes.

− Deve ser a sombra de três cedros – disse Maria.
− Parecem homens a caminhar ao nosso encontro – disse José.
− Se forem homens – respondeu Maria, agora moída por uma dor que já quase lhe não cabia no ventre – vamos perguntar-lhes se acaso estamos longe da cidade.

Os três vultos umas vezes pareciam aproximar-se e outras vezes pareciam afastar-se. Por algum tempo ficaram sem saber se eram sombras desenhadas no chão ou se eram homens. Mas não tiveram medo porque pensaram: “Ninguém nos deve fazer mal”.

Entretanto, do lado direito e do lado esquerdo do caminho elevavam-se montanhas enormes, muito altas e recortadas. E, por detrás delas, viam-se outras mais altas ainda. Atravessavam uma garganta apertada e uma ligeira depressão retirou-lhes do olhar os vultos que caminhavam ou as sombras que os confundiam.

− Decerto eram arbustos ou pedras – disse José.
− Talvez fossem homens e tenham tomado outro caminho – acrescentou Maria.

O dia clareava cada vez mais e a névoa da manhã recolhia-se pelas enormes bolsas da montanha.

De repente ouviram um ruído de passos e de vozes que articulavam sons imperceptíveis.

− Ai, José, sempre é gente que vem. Vamos perguntar pela cidade.
− Vamos! - disse José.

Os três homens estavam cada vez mais próximos. Agora distinguiam-nos claramente. Caminhavam em passo decidido e traziam às costas uma pequena mochila.

Quando pararam, trocaram entre si palavras desconhecidas.

− Devemos estar num país estrangeiro – disse José.
− Deve ser o País das Montanhas – disse Maria.

Os três homens fizeram uma saudação muito profunda e abriram um sorriso transparente. José apontou com a mão o ventre de Maria e os homens entenderam que ela ia dar à luz. Com um gesto delicado fizeram-lhes sinal para os seguir e os cinco mais o burrito caminharam em silêncio.

Entraram por outro caminho e ainda caminharam mais algum tempo. Depois pararam e José e Maria perceberam que eles queriam dizer:

− “É aqui…”

Era a entrada de uma gruta. O chão estava todo polido. Devia entrar ali gente todos os dias.

José ajudou Maria a descer do burrito e os três homens estenderam os seus mantos. E desapareceram.

Quando voltaram, o Menino já tinha nascido.

Um trazia pedrinhas de jade, que são mais preciosas que o oiro, a prata e o marfim e são chamadas «as pedras do céu». Outro homem trazia flores, de um azul muito vivo, que crescem nas montanhas. Outro, abriu a sua mochila e tirou tâmaras.

Ofereceram estas coisas ao Menino e dançaram em frente à gruta umas danças muito antigas. E batiam palmas. E trocavam risos muito sonoros. E cantavam.


Nuno Higino
In “A mais alta estrela – sete histórias de Natal”
CENATECA, Associação Teatro e Cultura, Igreja de Santa Maria, Marco de Canaveses, 2ª Edição Dez. 2000. ISBN 972-98026-5-3. Ilustrações de JOSÉ MAIA. [Esta Edição está esgotada]

NOTA: Acaba de ser editado um novo livro de Contos de Natal, de Nuno Higino [de que se reproduz a capa], intitulado «HISTÓRIAS DE NATAL», com inéditos, mas que reedita alguns dos mais belos Contos esgotados em edições anteriores (Ex.: «O Boi chegará a tempo ao Presépio?»). Edição «Letras & Coisas», Ilustração de Paula Gaspar. Distribuidora: «Companhia das Artes», ISBN 978-972-8908-60-7.


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- REMOVER OBSTÁCULOS À VERDADEIRA FRATERNIDADE

[LEONARDO BOFF]






“No Cosmos? Na hóstia? Hei! Estou aqui! Sou teu vizinho.”






«...perché per loro non c’era posto all’albergo»
(“por não haver lugar para eles na hospedaria”; Lc 2:7)

Homilia da Noite de Natal – Arcobaleno – «Comunitá dell’ARCA» (Padre Massimo Ruggiamo)
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